Un migliore futuro per il lavoro interinale

Traduciamo un articolo dal numero di dicembre del mensile della IG Metall, il sindacato metalmeccanico tedesco, sulla riforma del mercato del lavoro
Il governo Schröder spinge sull’acceleratore. Mai prima il Parlamento aveva avviato in così breve tempo iniziative legislative di tale portata. Secondo il nuovo superministro dell’economia e del lavoro Wolfgang Clement, si tratta della “più grande riforma del mercato del lavoro nella storia della Repubblica federale”. Essa dovrebbe condurre a una significativa riduzione della disoccupazione in Germania. “E dietro di noi – aggiunge Clement – abbiamo anche i sindacati”.

È vero. Ma non incondizionatamente. Se, a parere della IG Metall, è buono il risultato conseguito per quanto riguarda il lavoro temporaneo, non altrettanto si può dire delle riduzioni previste per le prestazioni di sostegno al reddito dei disoccupati, che i sindacati respingono.
 
La nuova legislazione prevede che in futuro i lavoratori interinali abbiano diritto al medesimo trattamento retributivo e alle stesse condizioni di lavoro degli occupati stabili dell’azienda nella quale vengono impiegati. A questo principio si può tuttavia derogare nelle prime sei settimane di impiego; a ciò si può ovviare soltanto con la contrattazione collettiva.
 
Ma in questo campo i contratti collettivi sono cosa rara. Nessuna delle circa 4.100 società di lavoro interinale operanti sul territorio federale ha sottoscritto un contratto collettivo. Di conseguenza le retribuzioni degli interinali sono inferiori alle altre: in media guadagnano il 32% in meno dei loro colleghi con assunzione stabile (vedi la scheda) .
Non è una sorpresa che le associazioni datoriali e i partiti di opposizione abbiano tentato fino all’ultimo di far cadere le nuove regolamentazioni. “L’influenza dei sindacati diventa sempre più forte”, ha lamentato il capogruppo parlamentare dell’Unione (Cdu/Csu) Friedrich Merz, il quale ha tenuto a sottolineare che l’Unione “si è adoperata perché le società private di lavoro interinale potessero collocare lavoratori con retribuzione inferiore per almeno dodici mesi”. Il Gesamtmetall, l’associazione degli imprenditori metalmeccanici, fa l’ipotesi che, nel caso di una equiparazione retributiva contrattuale degli interinali, la metà delle aziende trasferirebbe lavoro.
 
Costoro però tacciono una cosa: il governo federale non ha fatto altro che recuperare ciò che altri paesi già praticano. In Francia, ad esempio, i lavoratori interinali non solo vengono equiparati sul piano retributivo ai loro colleghi stabili, ma ottengono in più un “premio di precarietà”. Ciò non ha trattenuto gli imprenditori francesi dall’assumere lavoratori interinali. In cinque anni il numero di costoro si è raddoppiato: oggi in Francia gli interinali sono cinque volte tanto rispetto alla Germania.
 
Anche in Olanda il legislatore ha previsto che i lavoratori interinali siano equiparati a quelli stabili. I datori di lavoro, inoltre, debbono versare lo 0,7 per cento del monte retribuzioni in un fondo per la formazione. In Italia, Spagna e Portogallo questa quota arriva attorno all’uno per cento. Ciò che va bene in altri paesi europei, perché non dovrebbe funzionare in Germania? Imprenditori e Cdu/Csu restano debitori di una risposta a questa domanda.
 
La nuova legislazione sul lavoro interinale non segna solo un passo avanti verso l’equiparazione di trattamento. Impone anche ai datori di lavoro e ai sindacati di procedere senza indugio a realizzare contratti in questo ambito. Ciò deve essere fatto entro la fine del 2003, da parte sia delle società private di lavoro interinale che delle future PSA (le agenzie da costituire presso ciascun Ufficio del lavoro; vedi l’articolo La Germania vara la “indennità di occupazione del 3 dicembre 2002 – ndr). Compito non facile: quale sindacato e quale associazione datoriale di categoria dovranno condurre il negoziato? Oltre tutto, i lavoratori interinali sono distribuiti un po’ in tutti i settori. Comunque, mentre sul lato degli imprenditori si è ancora alla ricerca di una soluzione, i sindacati hanno già svolto il loro “compito a casa”, istituendo un gruppo di contrattazione nel quale sono rappresentati tutti i sindacati di categoria. Così Michael Sommer, presidente del DGB (Confederazione tedesca dei sindacati) ha potuto affermare: “Siamo pronti a cominciare da subito le trattative”.
 
Dunque, ci sono buone prospettive che in futuro i lavoratori interinali vengano retribuiti in maniera adeguata. Più amaro invece diventa il discorso sulle riduzioni delle prestazioni per i disoccupati previste dal governo. L’indennità di disoccupazione (Arbeitslosengeld) non verrebbe più agganciata alla generale evoluzione dei redditi. Quanto al sussidio di disoccupazione (Arbeitslosenhilfe) (vedi Scheda/Germania: Le tutele per i disoccupati), verrebbe calcolato tenendo conto in modo più severo del risparmio di cui il disoccupato dispone. Un esempio pratico: un percettore cinquantenne del sussidio di disoccupazione, se raggiunge sul proprio conto di risparmio la somma di 10.000 euro, si vedrà ridurre la prestazione. Finora la soglia era di 26.000 Euro.
 
Anche i partner dei disoccupati ci rimetteranno. Il contributo libero per garantire il minimo vitale viene abbassato del 20 per cento. Questa regolazione – teme il DGB – colpirà soprattutto i cittadini della Germania orientale: “Nei nuovi Länder i casi di coinvolgimento dei bilanci familiari nel calcolo del sussidio sono oltre il doppio che nei vecchi”.
 
I sindacati sono critici anche verso i piani del governo per abbattere i supposti ostacoli all’occupazione dei lavoratori più anziani. Viene previsto un allentamento dei vincoli della tutela contro il licenziamento aprendo alle imprese la possibilità di occupare lavoratori 52enni con contratto a tempo fino a tre anni “senza motivo oggettivo”. Si introduce una “corresponsione ponte”, pari alla metà dell’indennità di disoccupazione, che dovrebbe incentivare i lavoratori con più di 55 anni alle dimissioni volontarie. Per gli occupati sopra i 50 anni viene offerta una sorta di “caramella”: per chi ottiene un posto di lavoro pagato peggio del precedente, la differenza viene compensata attraverso una “assicurazione retributiva”. È uno strumento che rischia di incoraggiare i datori di lavoro ad abbassare le retribuzioni scaricandone i costi sulla collettività.
Giovedì, 19. Dicembre 2002
 

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