Lasciatemi decidere

La testimonianza di chi ha sperimentato uno stato di coscienza con il corpo completamente paralizzato. Essere costretto a sopravvivere? "Io riconosco lecite tutte le risposte, purché ciascuno le dia solo per se stesso. In quanto cristiano, ho il diritto di gridare, con Gesù, che la legge è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge"

Evidentemente i sedativi erano stati efficaci. Dormivo ancora quando, intorno alle sei, due infermieri si accostarono al mio letto d’ospedale per le ultime terapie. Puntualmente, come annunciato, dopo quattordici anni la valvola aortica biologica s’era lacerata e bisognava sostituirla con un’altra, meccanica ormai, vista l’età e visto che si trattava del secondo intervento a cuore aperto, programmato per quella mattina. Gli infermieri mi aiutarono a salire sulla barella e ci avviammo, attraverso il corridoio, verso la sala operatoria. Mi sentivo stranamente pacificato: avevo salutato i miei cari serenamente e poi, nascosto tra gli altri, un pensiero mi faceva compagnia: in fondo cosa mi può succedere? O torno quasi sano o muoio, di botto, così, come si addice a me, un cardiopatico di lunga durata.

 

Entrammo nella sala operatoria. Mi misero sul tavolo. Un po’ in alto dei riflettori, che a me sembrarono potenti, illuminavano il mio corpo ormai nudo. Alcuni medici parlavano del più e del meno. Poi: “se è pronto cominciamo, disse uno”. Fu allora che mi resi conto. Il mio corpo era immobilizzato, ma i miei occhi erano aperti e io ero pienamente cosciente. Sentivo tutto, capivo tutto, ma non potevo né fare né dire alcunché. Ero terrorizzato. Quello stato durò forse una trentina di secondi, penso non più di un minuto. Ma è rimasto dentro di me come l’esperienza più atroce che io abbia mai vissuto. Ancora adesso, mentre ne scrivo, sono fortemente agitato.

 

Così oggi, mentre sono infuocate le discussioni sul diritto alla vita e alla morte, mi sento costretto a testimoniare e a dire la mia. A me pare che in uno stato vegetativo accertato e permanente, possano, per la persona colpita, presentarsi solo due situazioni: o lo stato consente una condizione di coscienza e di consapevolezza o non la consente. Allora per decidere cosa fare occorre avere il coraggio di rispondere a queste due domande: tu, se non fossi più cosciente di nulla, in stato vegetativo per anni, preferiresti che il tuo corpo continuasse a sopravvivere ormai lontano e perso per sempre oppure no? E tu, se mantenessi la coscienza di te stesso, ma fossi definitivamente del tutto privato dell’uso del tuo corpo fisico, dipendendo in tutto e per tutto dalle tecnologie sanitarie e dalle mani altrui, vorresti continuare a vivere o no? Riusciresti a convivere con il terrore di una impotenza assoluta?

 

Io riconosco lecite tutte le risposte, purché ciascuno le dia per sé stesso e solo per sé stesso. Non riconosco – ma questa volta davvero in modo totale e radicale – questo diritto né alla Chiesa cattolica né, tanto meno, allo Stato. Se lo Stato vuole fare qualcosa di più per la vita, renda più efficace ed efficiente il sistema sanitario, sviluppi la ricerca, si preoccupi più seriamente delle malattie più dure, come il Parkinson e l’Alzheimer.

 

Ma io vorrei che qualcuno contestasse queste pretese in quanto cristiano, che qualcuno osasse il rischio dell’eresia: in fondo gli eretici non vengono neanche più bruciati! Basterebbe avere il coraggio di Paolo VI, un papa che già negli anni settanta cercò di individuare qualche linea di confine tra la vita possibile e la non vita.                            

 

A me non basta dire che la posizione della Chiesa cattolica non può vincolare i non cattolici o che la Chiesa cattolica “deve stare al suo posto e rispettare il concordato”. Di cosa la si accusa: non ha mica preteso di fare le leggi al posto del Parlamento. Il diritto di parola è intoccabile per tutti. Di tutta evidenza la questione “politica” ha origine dai nostri politici, non dalla Chiesa cattolica. Dai politici che usano cinicamente consenso paure e sentimenti per fare cassa elettorale.

 

Ma non è di questo che voglio dire. Piuttosto: è ingenuo domandare dove siano le radici della attuale posizione della Chiesa sui temi che stiamo discutendo? Per molti secoli la Chiesa non ha considerato il diritto alla vita un diritto assoluto, intoccabile. Celebriamo i nostri santi e martiri, che l’hanno data per la loro fede. E ci sono state le crociate, le “streghe” bruciate, intere popolazioni “infedeli” costrette a guerre fame e distruzioni, il potere temporale gestito dallo Stato Pontificio anche attraverso la pena capitale. E infine: non vorrei essere trascinato nella polemica politica, ma la gerarchia cattolica ha utilizzato in questi giorni parole di condanna così dure e così prive di pietà come non si  ricorda siano state dette nei decenni dei crimini fascisti quotidiani. Vinceva, come sempre, la ragion di Stato? E quanto valgono queste “ragioni della vita” trasformate in astratta ideologia?

 

Ma torniamo a ragionare sull’oggi. Un ordine del giorno approvato dal Senato, su input della maggioranza, impegna all’idratazione e alla nutrizione obbligata anche nei casi di stato vegetativo permanente e irreversibile. La mia opinione è che ciò sia orribile. La mia opinione è che ciò nasconda un terrore della morte che un cristiano non dovrebbe avere. “Lasciatemi andare alla casa del Padre!”: come sono confortanti le parole di papa Giovanni Paolo II. La Chiesa dice: la vita è un dono di Dio che non può essere rifiutato. E anche la sofferenza, il male, la “grande cosa orribile” è uno dei volti di Dio? O è figlia  “dell’immensa casualità e cecità del mondo” che solo con la fede e con la ragione possiamo misurare senza esserne travolti”?

 

Dove sono i cristiani del discernimento, della carità, dell’amore? Sarò l’ultimo tra i credenti, ma anche io ho il diritto di gridare, con Gesù, che la legge è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge. Vi prego, quando sarà giunto il mio tempo, lasciatemi la possibilità di decidere. Voglio fare uso della libertà che il Padre mi ha donato.
Domenica, 15. Febbraio 2009
 

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