Missili, bufale e rischi reali

La Russia e gli Stati Uniti sono oggi bloccati in un braccio di ferro geo-strategico e geo-politico sul piano americano di dispiegamento di uno scudo missilistico americano in Europa orientale, che ha l'appropriato nome di Mad (pazzo). Alla fine, forse sarà proprio il Congresso Usa a bloccarlo

La Russia e gli Stati Uniti sono oggi bloccati in un braccio di ferro geo-strategico e geo-politico sul piano americano di dispiegamento di uno scudo missilistico americano in Europa orientale – un sistema di “missili antimissili difensivi”, MAD – “folle”: come diceva l’acronimo che ci piace qui usare, identico a quello che negli anni ‘80 traduceva in “folle”, appunto, la realtà della “mutua distruzione assicurata” dalle armi strategiche di distruzione di massa di URSS e di USA che, se usate, avrebbero costituito, appunto, l’ultima follia.

Ma la controversia, naturalmente, non coinvolge soltanto Russia ed America e, negli ambienti politico-diplomatico-militari, come anche sulla stampa, c’è stato un gran discutere, anche tra mille equivoci, del ritorno a una mentalità da guerra fredda e anche del ritorno ad un vero e proprio clima – ed a schieramenti ridislocati sul “teatro europeo” di forze nucleari – da guerra fredda.

All’inizio di quest’anno, come si ricorda, gli USA hanno “proposto” a Polonia e Repubblica ceca di riprendere i colloqui, già vagamente iniziati, sulla possibile dislocazione sul loro territorio di un sistema di basi MAD. Il piano americano intendeva piazzare almeno una decina di batterie di difesa missilistica a lungo raggio in Polonia ed un’installazione radaristica a medio termine nella Repubblica ceca entro il 2010.

I russi si sono immediatamente impennati. L’accusa all’America, a Bush, è stata quella di minacciare, e molto da vicino, la sicurezza di Mosca. E la reazione è stata quella di cominciare ad implementare, cautamente, su piani collaterali (commercio, trasporti, ecc.), azioni iniziali di “rappresaglia”. I rapporti bilaterali coi paesi in questione – Polonia, Cechia, USA – si sono così andati raffreddando fino, quasi, al punto del congelamento.

E’ vero che questa è stata solo l’ultima controversia venuta a inquinare un rapporto che da tempo stava già andando a male. Al meglio, e spassionatamente, l’ha descritto sul suo blog un analista americano di impeccabili  credenziali conservatrici, Pat Buchanan: e, per di più, conservatrici da destra di stampo antico, attenta al monito fondatore di George Washington: che gli Stati Uniti pensassero ai fatti loro nei rapporti col mondo.

“Non formate alleanze permanenti, mai”, raccomandava ai concittadini il primo presidente nella lettera d’addio con cui si congedava rifiutando la ricandidatura a un terzo mandato che il Congresso, nel 1796, gli offriva all’unanimità: gli Stati non hanno amici, solo alleati, diceva riprendendo a modo suo Machiavelli, e per definizione amici, poi, solo temporanei.

E gli Stati Uniti, che gli avevano dato retta fino a subito dopo la seconda guerra mondiale, ora – specie dopo le fraudolente ed avventurose forzature di Bush il piccolo, l’iracheno – sono davvero tentati di tornare a un certo loro – fino al secolo scorso – tradizionale isolazionismo. Che, certo, da molti punti di vista sarebbe per tutti un sollievo. Ma che, oggi, sul serio non è  realistico.

Sembra verosimile, dunque, la lettura di Buchanan che Bush abbia tentato di stringere la Russia nell’angolo, fiaccandola ed eviscerandone la forza come se al Cremlino ancora abitasse e comandasse il succube Yeltsin. Negli USA dell’era bushista – era imperiale forse al tramonto… ma con lui che resta alla Casa Bianca, ancora diciotto mesi – una lettura concordante viene da uno schieramento politico-ideologico diverso ed opposto (A. Goodheart sul New York Times): una “nazione vasta, multietnica, con una visione messianica di sé ed una semplicistica visione del mondo”. Portando a chiedersi: “Roma antica o l’America?”. Ma di chi, davvero, si sta parlando? Già…

Di più, viene aggiunta la notazione niente affatto banale che questa è una delle pochissime rappresentazioni del paese “su cui sembrano concordare tutti i pezzi del frammentato caleidoscopio politico, americano e non – sinistra e destra, fondamentalisti cristiani e radicali islamici, intellettuali della costa orientale e ribelli del blog”: la visione del mondo e di sé che, in sostanza, oggi avrebbe l’America. 

Da parte americana, lo spin system – PR e maestri della bufala propagandistica a ogni livello – è scattata un’operazione di controllo dei danni in ogni direzione, elaborando e diffondendo diverse versioni di quella che, in buona sostanza, è un’unica spiegazione. Essenzialmente che:

1°) Il piano americano, teso a dispiegare sistemi MAD in Europa orientale, è inteso anzitutto (non esclusivamente, però: anzitutto) come strumento di intercettazione di possibili attacchi missilistici in provenienza dall’Iran. Anche se è vero che l’Iran, oggi e ancora per anni, non ha e non può avere a disposizione i mezzi per quell’aggressione. Sarebbe verso il 2015 che, secondo gli USA, i missili iraniani potrebbero cominciare a porre una minaccia reale all’Europa. Ma, a fronte di questa possibilità (e quella di tanti altri, allora?), sarebbe irresponsabile rallentare il processo d’installazione del MAD in Europa orientale.

 

2°) La decisione di consentire l’installazione dei sistemi MAD in Polonia e Repubblica ceca è una decisione sovrana di quei due paesi. In effetti, però, sondaggi ed articoli di giornali di sponde diverse riferiscono di una forte ostilità delle rispettive opinioni pubbliche – più della metà, pare – e di non piccola parte delle rappresentanze politiche – non solo d’opposizione – ai progetti.      Perfino il ministro della Difesa polacco, Alexander Szczyglo, di un filobushismo pure a 24 carati, è stato costretto ad assicurare – in maniera vaga – che agli USA non sarà consentito mettere in piedi le loro basi se non varrà il sistema della “doppia chiave” di controllo e di lancio dei missili antimissili. Che, a meno di accorgimenti lessicali difficili da far ingoiare al Congresso americano – che finora non lo ha mai consentito e a cui, a dire il vero, mai finora il governo americano lo ha chiesto – sembra una clausola tale da rendere, in effetti, l’installazione inagibile…

 

Gli Stati Uniti stavano, e stanno ancora, tentando di coinvolgere nel disegno la Gran Bretagna, che con Blair sembrava pronta a dire come sempre di sì, cercando di collegare la rete antimissilistica centrata sui due paesi dell’Est Europa con quel che di analogo si proponevano di abbozzare nel Regno Unito (in Scozia, che però all’idea si è mostrata subito ferocemente contraria) con l’intenzione dichiarata – anche se tecnicamente improbabile – di proteggere così con un ombrello antinucleare tutto, o quasi tutto, il continente europeo. Adesso, però, gli USA sanno che sarà più difficile vendere l’idea a Brown: uno che, la prima cosa che ha detto, ancora sulla porta del 10 di Downing Street, è dell’impegno a “cambiare”, rispetto a Blair, anche in politica internazionale…

 

3°) Il progetto non è contro la Russia. Anzi, potrebbe anche aiutare a proteggere il territorio occidentale della Federazione russa da un attacco missilistico esterno... Il numero di missili MAD che sono previsti in Europa orientale è, comunque, troppo esiguo per opporsi al vasto arsenale schierato dai russi e, in termini di rapidità di lancio, traiettoria e numero, la decina di MAD previsti potrebbero far fronte solo a un’esigua quantità dei missili in arrivo anche se i radar fosse poi in grado di individuarli. Per questo, il “coinvolgimento” dei russi nella gestione del sistema sarebbe il “benvenuto”, dice la posizione ufficiale degli USA. Non condivisa, e apertamente, però, da polacchi e cechi che non hanno fatto mistero sul loro vero obiettivo: che non ha niente di tecnico o di militare – in realtà all’efficacia dei MAD non crede nessuno – ma segna un “coinvolgimento” non certo russo ma americano, supplementare, a loro difesa, proprio ed eventualmente, dai russi.

 

4°) Con o senza una qualche cooperazione russa, gli Stati Uniti non abbandoneranno il loro piano. Sono le accuse dei russi e le loro reazioni che “ridaranno vita alla guerra fredda” e la sicurezza degli Stati Uniti ormai è inseparabile da quella dell’Europa. Minacciare la quale non aiuterà proprio nessuno.

Riassumendo: gli USA non considerano la Russia un nemico e sperano che la Russia non veda loro come un nemico. L’era dell’inimicizia statunitense-sovietica è tramontata e bisognerebbe che le due parti si astenessero ormai dall’attaccarsi retoricamente a vicenda.

 

Da parte russa, da Putin a tutto il governo ed ai media, le argomentazioni suonano, più o meno, così:

1°) Gli USA hanno utilizzato le vecchie tattiche della guerra fredda (l’orso russo selvaggio, come la strapotente Unione Sovietica pronto a mangiarsi una tenera Europa indifesa) per fare pressione sui loro alleati più nuovi a che consentissero la dislocazione dei MAD sul loro territorio.  La prossimità geografica, però, fa vedere che la mossa è mirata alla Russia e mette in pericolo, almeno ipotetico, le sue potenzialità nucleari: mentre quelle dell’occidente (USA, Gran Bretagna e Francia) restano intatte.

 

2°) La pretesa americana che i nuovi missili sono puntati a quelli iraniani e nord-coreani è un nonsenso. Non riflette la realtà fattuale, anzitutto: perché intanto quei missili non esistono e sono comunque ancora parecchio al di là da venire. E, poi, non riflette la realtà geo-politica, dove ragioni strategiche e tattiche dettano semmai un diverso puntamento dei missili nord-coreani (Giappone, domani, o anche Cina forse) e iraniani (Pakistan, Israele: che, ad est e ad ovest, schiacciano tra loro l’Iran e di bombe termonucleari sono doviziosamente dotati): quando e se, poi, quei missili ci saranno. Inoltre, come già dimostrato per la gara tra scudo spaziale e missili intercontinentali a testata multipla, la rincorsa perenne tra la spada e lo scudo non offre vittoria a nessuno: solo un’escalation infinita di tensioni e pericoli, quella che infatti portò alla stipula del Trattato antimissilistico tra USA (Reagan) e URSS (Gorbaciov).

 

I rischi e le tensioni sono già emersi, del resto, nel dibattito acceso dentro la NATO (il segretario generale stesso, Jaap de Hoop Scheffer, se ne è fatto allarmato portavoce lo scorso marzo, come riportato dal  Financial Times e dall’Agenzia Reuters;  e commentato da Stefano Silvestri, Opera buffa strategica – L’antimissile ha perso la guida, su www. affarinternizonali.it/stampa.asp?ID=484/).

C’è anche la possibilità (minacciata esplicitamente) di una ripresa della corsa agli armamenti: la Russia, nel nuovo clima, non si considererebbe infatti più legata ai tetti imposti ed accettati da sempre per le sue armi convenzionali dalla ratifica del Trattato su quegli armamenti nel teatro europeo (il Trattato sulle Conventional Armed Forces in Europe: CFE), visto che ancora nessun paese della NATO ha pensato bene di ratificarlo a sua volta e che adesso le si presenta una nuova, ravvicinata, minaccia agli equilibri raggiunti.

 

Se gli alleati europei non frenano gli entusiasmi bellici di George W. Bush, anche solo propedeutici, o la voglia di fomentare negli alleati il confronto, il teatro europeo, in questa situazione, si può trasformare sul serio in una polveriera. Del resto, a nessuno è consentito mettere tra parentesi il fatto che, appena arrivato alla Casa Bianca, già nel 2002, Bush aveva provveduto unilateralmente a ritirare gli Stati Uniti dal Trattato anti-missili balistici del 1972 (Nixon e Breznev). E che la Russia, finora, non aveva reagito.

 

3°) Il piano americano equivale, nel suo complesso, a nullificare tutti gli sforzi politici della comunità internazionale negli ultimi decenni di prevenire la proliferazione nucleare, ad esempio nei confronti dell’Iran.

    Perché in fondo l’impegno alla base del Trattato di non proliferazione nucleare – al quale ha aderito l’Iran ma non Israele e non il Pakistan che potenze nucleari lo sono già – partiva dall’assicurazione delle grandi potenze termonucleari a ridurre i loro armamenti: sia missilistici, sia antimissilistici, che così al contrario vengono rilanciati.

4°) La verità evidente, e politica, è che gli USA stanno approfittando, contando su un’acquiescenza che, almeno da parte russa è cosa finita, del loro potere militare per tentare dominare il mondo. A diventare ostaggio, così, della “difesa antimissilistica americana” non sarebbe solo la Russia ma anche l’Europa. E siccome questo nuovo sistema minaccia la sicurezza russa – l’equilibrio strategico di teatro, come si dice – è inevitabile che esso e i luoghi della sua installazione diventino bersaglio delle contromisure dei russi.

 
Riassumendo: in nessun modo la Russia può considerare il dispiegamento di un sistema MAD sul territorio europeo, ai suoi confini, una misura difensiva perché lo scopo, del resto dichiarato nelle ultime formulazioni della dottrina ufficiale strategica del Pentagono, sarebbe – potrebbe essere – anche in connessione con reti anti-missilistiche analoghe costruite altrove nel mondo – in Alaska e in Asia orientale quello di consentire all’America di stringere la Russia in una rete a maglie strettissime capace – e i russi, qui, fanno certo peccato a pensar male, ma… – anche di lanciare attacchi preventivi.

 

L’opzione del primo colpo nucleare è enunciata e rilucidata da sempre, del resto, come policy possibile dagli Stati Uniti e ribadita ancor oggi nella formulazione della ufficialissima Nuova Dottrina Strategica: sia nel testo ufficiale (White House, The national security Strategy of the United States of America, www.whitehouse.gov/nsc/nss/pdf/)); che in quello ufficioso sul quale studiano, ad Annapolis, a West Point e al Pentagono, le scuole di guerra: l’autorevolissima e pressoché monopolisticamente utilizzata lettura neo-cons che ne ha data William S. Lind (The American Conservative, “Strategic Defense Initiative”). E, in ogni caso, tenderebbe a distruggere gli equilibri strategici esistenti. Le forze strategiche missilistiche della Russia, per questo, se il disegno si realizzasse dovrebbero prendere ogni misura necessaria a rendere inefficace questa minaccia.   

 

Oltre alla sospensione annunciata dell’implementazione del Trattato CFE la Russia ha, in effetti, già cominciato a prendere decise misure, diciamo pure, di rappresaglia. Anche se non formalmente e necessariamente designate come tali, ma tutte in qualche modo legate a come Mosca legge in materia i propri interessi e le proprie preoccupazioni:

1.) Ha sperimentato con successo uno di suoi nuovi missili balistici intercontinentali R-24, considerati “capaci di annientare qualsiasi esistente o futuro sistema di difesa antimissilistico”.

 

2.) Come è noto, ha complicato la vita agli americani, mettendoli sulla difensiva, col suggerimento di piazzare eventualmente un comunque inutile e anche pericoloso sistema antimissilistico come quello che hanno proposto – pericoloso per la percezione che i russi ne hanno: come lo sarebbe, a carte rovesciate, se i russi mettessero qualcosa di analogo in Messico – invece che in Polonia e in Romania… in Azerbaijan: un territorio certo oggi più amico della Russia… E’ dislocazione più confacente – asseriscono – alla mission proclamata di intercettare possibili missili di Teheran; come anche lo sarebbero installazioni alternative in Turchia (alleato degli USA), ipotizzano; o perfino, dicono, in Iraq – con nessun rispetto, a dire il vero, per le sovranità di questi paesi, specie dell’ultimo che, poi, come è noto sovrano non lo è proprio per niente.

 

In ogni caso, gli americani sono stati costretti dalla mossa del cavallo dei russi a inseguire: dicono che continueranno a perseguire il loro progetto. Ma ribadiscono – anche qui senza nessun rispetto per le idiosincrasie nazionali, ad esempio polacche – aperto alla cooperazione russa.

Il fatto è, e ritorniamo alla lettura che ne dà complessivamente Patrick Buchanan – nel ’92 e nel ’96 sfidante nelle primarie repubblicane ed ancora nel 2000 candidato alle presidenziali come indipendente di destra e notissimo opinionista di destra – che:

“Nel 1988, Reagan, che aveva notoriamente bollato l’Unione Sovietica come l’‘impero del male’, passeggiava sulla Piazza Rossa insieme a Mikhail Gorbaciov, coi russi tutti intorno a dar loro calorose pacche sulle spalle. Avevano appena firmato l’accordo di riduzione degli armamenti più importante della storia— che eliminava tutti gli SS20 puntati sull’Europa e rimuoveva, reciprocamente, tutti i missili Pershing e Cruise che Reagan aveva stazionato in Europa (puntati sull’URSS)…

    Di lì a tre anni, era caduto il Muro di Berlino, i regimi fantoccio dell’Europa orientale erano stati spazzati via, la Germania era riunificata, l’Armata Rossa era tornata a casa, l’impero sovietico era svanito e l’Unione Sovietica s’era frantumata in 15 nazioni diverse. Le repubbliche baltiche erano libere. L’Ucraina era libera.

    E, adesso, alla vigilia del G-8 in Germania, Vladimir Putin ha annunciato che la Russia dirigerà nuovamente i suoi missili contro la NATO. Dobbiamo, ha spiegato, prendere le nostre misure contro la decisione di Bush di dislocare missili anti-missili americani in Polonia e radar nella Repubblica ceca. Perché, mi chiedete?

   Gli Stati Uniti dicono che il sistema antimissili balistici in Europa è per difenderla da un attacco iraniano. Ma Teheran non ha bombe atomiche e non ha missili antimissili intercontinentali.

   In realtà, sembriamo avviarci verso una seconda Guerra Fredda— e, di sicuro, non per colpa precipua del Cremlino. Tra quanti hanno gestito male il rapporto (coi russi) ci sono certamente Clinton e il secondo Bush…che hanno buttato a mare i frutti della vittoria nella Guerra Fredda riportata dai loro predecessori. Vediamo come:  

   Primo: anche se è vero che l’Armata Rossa se ne era andata a casa volontariamente (e non in base a un accordo) dall’Europa orientale, Mosca credeva di aver raggiunto un accordo di fatto con noi: che non avremmo spostato la NATO verso est. E, invece, approfittando del momento (l’acquiescenza di Yeltsin, la crisi dell’economia in transizione e in transizione selvaggia eterodiretta…), non solo abbiamo portato la Polonia nella NATO ma anche la Lettonia, la Lituania e l’Estonia e, in pratica, tutto il patto di Varsavia, piazzando la NATO stessa nel bel mezzo del cortile di casa della madre Russia. E, adesso, stiamo pianificando di portarci dentro dal Caucaso l’Ucraina e la Georgia, il luogo di nascita di Stalin.

    Secondo: l’America ha subito appoggiato un gasdotto per portare il petrolio dell’Azerbaijan dal Mar Caspio in Turchia, attraverso la Georgia: scavalcando la Russia.

    Terzo: è vero che Putin ci aveva dato luce verde per l’uso delle basi nelle vecchie repubbliche sovietiche per liberare l’Afganistan: ma sembra che ora siamo decisissimi a rendere permanenti quelle basi dell’Asia centrale.

   Quarto: anche se Bush aveva venduto (al Congresso ed al popolo americano) la difesa missilistica (lo scudo stellare) contro Stati-canaglia come la Corea del Nord, adesso ce ne andiamo a piazzare sistemi anti-missilistici in Europa dell’Est… Diretti contro mai chi?

    Quinto: attraverso il Fondo nazionale per la democrazia, e i suoi affiliati repubblicani e democratici, attraverso serbatoi di pensiero, fondazioni e istituti pro-“diritti umani” – esentasse come Freedom House, capeggiato dall’ex direttore della CIA James Wolsey – siamo andati fomentando cambiamenti di regime in Europa orientale, nelle ex repubbliche sovietiche e anche nella Russia stessa. E le ‘rivoluzioni’ appoggiate dagli USA sono riuscite in Serbia, in Ucraina, in Georgia. Ma non in Bielorussia. Mosca ha ora legiferato per casa sua una serie di controlli sulle agenzie straniere che, non senza giustificazione, considera sovversive dei regimi suoi amici.
    Sesto: l’America ha portato avanti il bombardamento alla Serbia per 78 giorni di seguito per il crimine di essersi voluta tenere una sua provincia ribelle, il Kossovo, e per aver rifiutato di consentire alla NATO il diritto di passaggio sul suo territorio per arrivare a controllare quella provincia. E la Madre Russia(era ben noto) aveva e ha sempre un interesse materno per gli Stati ortodossi dei balcani.

    Queste sono le rimostranze di Putin. E ha qualche ragione,no?”, chiede retoricamente Buchanan.

 

Inevitabilmente, la Russia – che un po’ paranoica dalla sua storia è sta

Sabato, 14. Luglio 2007
 

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