Gli americani anti-americani

Possibile che basti criticare Bush per essere tacciati di anti-americanismo? Bene: si legga, allora, che cosa hanno dichiarato autorevoli cittadini Usa "doc", dai generali a Zbigniew Brzezinski
E' possibile dire che questo presidente è una disgrazia per l'America e per il mondo senza passare per antiamericano?

E' antiamericano, per i tanti americanolatri di casa nostra - che neanche parlano l'inglese, spesso, e dell'America conoscono magari solo Dr House - far proprio quanto hanno detto gli alti ufficiali che sotto la guida del generale a quattro stelle David Petraeus, pure uomo di Bush e comandante delle truppe a Bagdad, scrivono (rapporto naturalmente segreto e, naturalmente, filtrato subito subito) che gli Stati Uniti, forse, hanno ancora sei mesi di tempo per "vincere" la guerra (Guardian, 28.2.2007, S. Tisdall, "I capi militari danno agli USA sei mesi per vincere la guerra in Iraq").

Insomma, è antiamericano registrare che, come ormai sostengono tanti americani, questo primo governo di neo-cons in pochi anni ha distrutto il Bill of Rights - la Carta dei diritti del 1791 che costituisce i primi dieci emendamenti alla Costituzione - e la separazione dei poteri e il rispetto delle convenzioni di Ginevra e le infrastrutture di due paesi islamici e di centinaia di migliaia di loro cittadini insieme alla reputazione ed al rispetto del loro paese in giro per il mondo e che sta preparando forze e alleanze, senza riuscire a trovarle, per attaccare un terzo paese islamico… questo è antiamericano dirlo?

E' antiamericano notare come questa straordinaria offensiva non sia il frutto di un vasto movimento ma del lavoro coordinato di tre piccoli nuclei di forza cruciali?

- di una manciata di ideologi - la cabala di una ventina di personaggi al massimo - gli uomini che hanno forgiato la politica che va sotto il nome di Bush: in primo luogo, il vice presidente Dick Cheney, l'ex ministro della Difesa Donald Rumsfeld, il sottopancia - ora sotto processo - del vicepresidente Lewis Libby; e, poi, dottrinari vari disseminati in posti chiave di governo: alcuni ormai allontanati per pura decenza, anche se in remunerate collocazioni di prestigio (come la Banca mondiale, ad esempio, dove è approdato Paul Wolfowitz che di economia non ha studiato mai nulla); altri ancora lì al loro posto come - elencati adesso un po' alla rinfusa - Douglas Feith, Richard Perle, Elliott Abrams, Zalmay Khalilzad, John Bolton, il ministro della Giustizia attuale, Gonzales…;

- dei loro supporters in alcuni media-chiave: alcuni striduli, in settimanali come il Weekly Standard, la National Review, la Fox News. Altri ben più "rispettabili", come il Wall Street Journal nella sua pagina editoriale, o addirittura il New York Times; che ha, per due anni e più, affidato l'informazione sulla preparazione della campagna che ha preparato l'invasione all'Iraq alla vera e propria propaganda di reporters particolarmente pieghevoli nei confronti dell'amministrazione e dei suoi desiderata: salvo, poi, pentirsene a denti stretti "licenziando" in buona sostanza Judith Miller ed "emarginandone", in parte, un altro, Michael Gordon;

- e, infine, di alcuni centri di "pensiero" e di propaganda neo-cons come, per dirne due soli, l'American Enterprise Institute ed il Project for a New American Century: sui cui siti sono reperibili documenti scritti anni prima dell'ascesa al potere di George Bush il piccolo, ma che già dicevano tutto: dall'Iraq all'Iran passando per l'Afghanistan e, addirittura, per un'incredibile "profezia".

Scrive, infatti, un suo paper - che definire "profetico" è poco - del settembre 2000, un anno prima delle Torri gemelle, che è essenziale rafforzare le difese militari degli Stati Uniti d'America ma che, purtroppo "in assenza di qualche evento di ordine catastrofico - come una nuova Pearl Harbor - questo processo di trasformazione, anche se portasse a cambiamenti realmente rivoluzionari (quantitativi e qualitativi delle difese americane) sarà probabilmente cosa di lungo periodo"… Letterale (Rapporto del Progetto per il Nuovo Secolo Americano, settembre 2000, Ricostruire le difese dell'America, p. 51 (vedi qui).

Prima, identificato Osama bin Laden ed al-Qaeda come autori dell'atrocità del "9/11" e i talebani e l'Afghanistan come l'autorità di Stato e lo Stato che li coprivano, venne colpito l'Afghanistan. Poi, quasi subito, la cabala decise di trasferire la colpa su Saddam Hussein - inventando di sana pianta le accuse e le prove: accumulo di armi di distruzione di massa, che non c'erano…, collegamento con Osama, che non esisteva… - e mandò il segretario di Stato che si prestò alla bisogna colpevolmente sapendo si recitare una parte fasulla, a sostenere all'ONU l'affidabilità delle "prove" con fialette che la CIA aveva riempite d'aria sventolandole sotto il naso dei membri del Consiglio di Sicurezza.

Turlupinati così Congresso e popolo americano, il regime bushista, costretto a farlo da solo - sostanzialmente con l'eccezione del cagnolino da grembo chiamato Blair e di pochi altri che, per una pacca sulle spalle o qualche po' di contanti, furono disposti a formare, per qualche tempo, la cosiddetta coalizione dei "volenterosi" - invase l'Iraq sotto mentite spoglie e mentendo spudoratamente ancora una volta ("missione compiuta!").

Adesso, dopo quattro anni - una guerra durata già più della seconda guerra mondiale… - il presidente sta cercando di addossare all'Iran la colpa della sua sconfitta sul campo e di volgerla in un qualche vantaggio di ordine strategico. Bush dichiara che l'Iran arma alcuni tra gli insorti iracheni - gli sciiti - con armi sofisticate che però il capo dei capi di stato maggiore delle forze armate americane dichiara non essere poi tanto sofisticate e che lui non se la sente proprio, poi, di poter far risalire all'Iran (msnbc.com, 13.2.207, "Il gen. Pace: non esistono prove che l'Iran stia armando gli iracheni").

Il fatto è che gran parte degli insorti in Iraq sono sunniti. Se la prendono con le truppe americane ma ammazzano, soprattutto, gli altri iracheni sciiti, alleati stretti - se non proprio dipendenti - dall'Iran sciita. Le accuse di Bush chiedono, dunque, ancora una volta al suo paese - e ad un mondo che sarebbe ovviamente, secondo lui e la sua cabala, incapace di ragionare - di credere che Teheran stia armando i nemici dei suoi alleati…

Su questa base, in base a un'accusa irragionevole alla quale non crede neppure il comandante delle sue forze armate - ovviamente antiamericano anche lui, no? - ancora una volta - per l'ennesima volta - in base a un capo di accusa artefatto e inventato, Bush sta ammassando una formidabile armada di portaerei - cariche di missili Cruise - nel Golfo Persico, appena fuori delle acque territoriali iraniane, e accumulando aerei su aerei d'attacco nelle sue basi turche, saudite, kuwaitiane e quant'altre…

Papale papale, testimoniando davanti al Congresso a fine gennaio (per il testo integrale, del 28.1.2007, vedi qui) Zbigniew Brzezinski, già consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti d'America - anche lui antiamericano, ovviamente… - ha detto della sua convinzione "motivata, razionale e purtroppo credibile" che  il presidente stesse orchestrando "uno scontro frontale con l'Iran e con gran parte dell'universo islamico". Uno scenario plausibile prevederebbe "un atto terroristico da addossare all'Iran che provocherebe un'azione militare 'difensiva' americana contro l'Iran".

Del resto, ha osservato e indicato Brzezinski, la macchina propagandistica ben oliata dei neo-cons, attivissima anche se sempre più screditata, sta già articolando "una narrativa mitica" capace di allargare la guerra contro l'Iran. E ha aggiunto, riportando la sua testimonianza di noto malato di antiamericanismo, sul quadro più generale che "la guerra in Iraq è una calamità storica, strategica e morale. Intrapresa sotto falsi pretesti, sta minando alla base la legittimazione globale di questo nostro paese. Le cosiddette vittime collaterali che provoca tra i civili, come tutta la serie di abusi verso le persone che si trascina dietro, stanno infangando le credenziali morali dell'America. Spinta da impulsi manichei e dalle scorie di una concezione imperiale, questa guerra sta intensificando l'instabilità in tutta la regione. Solo una strategia politica che sia storicamente rilevante al posto di una che ricorda ogni giorno le tutele e le prevaricazioni di stampo coloniale può ormai ricostituire il quadro necessario alla ricerca di una soluzione tollerabile sia della guerra in Iraq che dell'intensificarsi di tutte le tensioni nella regione".

Alla base di tutto, c'è la convinzione assoluta, propria a tutti i credenti, di possedere loro il monopolio della virtù e di avere la missione di imporla al mondo, nolente o volente che sia: in politica questo si è tradotto nel giacobinismo della rivoluzione francese, nel bolscevismo di quella russa, nel nazionalsocialismo hitleriano. Con i neo-cons, questo si traduce in una visione del mondo che difende sempre, ed a prescindere sempre dal merito, Israele e i suoi, spesso malintesi, interessi, pure quando Israele abbia torto, anche in ragione di una visione allucinata dell'arrivo prossimo venturo della fine dei tempi e della premessa che saranno preceduti dalla vittoria (e poi dalla necessaria conversione al cristianesimo) di Israele, nella sua versione fondamentalista-evangelica all'americana.

Ma è anche una visione del mondo che, intanto, si preoccupa di occupare fisicamente i luoghi del petrolio. Sarà pur vero che con la globalizzazione e la finanziarizzazione del mondo non è più strettamente necessario presidiare militarmente le fonti delle risorse o, come in questo caso, presidiare il transito delle risorse.

Ma è meglio… Sarà un caso che l'invasione dell'Afghanistan sia servita (anche…) a installare come primo ministro Hamid Karzai, dipendente di rango dirigenziale dell'Unocal americana che aveva  cercato, senza riuscirci, l'accordo dei talebani per garantirsi il monopolio del transito del greggio uzbeko e tagiko nel paese?
E'antiamericano, o solo anti Bush, segnalarlo?

E sarà un caso che Zalmay Khalilzad, suo collega come alto dirigente dell'Unocal per anni e membro del board dell'American Enterprise Institute, sia stato prima il primo ambasciatore americano a Kabul "liberata" e, poi, il secondo ambasciatore americano a Bagdad? (controllare su Google "Unocal + taliban + negotiations": 15 mila voci…).
E' anti Bush, in questo caso, però, anche anti Clinton (successe allora), o proprio antiamericano, segnalarlo?

In ritardo, gli americani si sono accorti di chi fosse davvero antiamericano. E hanno portato in maggioranza il partito d'opposizione.

C'è solo da spettare che trovi presto il coraggio d'agire. Anche per restituire l'onore perso all'America.
Giovedì, 15. Marzo 2007
 

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