Il lavoro nel tempo dei precari

Sulla base dei materiali raccolti in quindici anni per una rubrica dell'Unità Bruno Ugolini racconta in questo libro - Vite ballerine. Prima e dopo il Jobs Act - le storie dei tanti giovani che cercavano la loro strada nel mondo del lavoro tra mille difficoltà

Questo libro è basato su molti anni di una rubrica pubblicata sull’Unità dedicata ai lavori atipici e precari. Con le storie di Paolo, Federico, Marianna e molti altri giovani atipici e precari. “Prima e dopo il Jobs Act” dice il sottotitolo. Cosicché il volume, con prefazione di Susanna Camusso, nella parte finale riporta interviste e  diversificati pareri di Serena Sorrentino, Claudio Treves, Giorgio Petteni, Carmelo Barbagallo, Loredana Taddei, Umberto Romagnoli, Cesare Damiano, Tiziano Treu, Michele Tiraboschi.  pubblichiamo qui l'introduzione

 

Bruno Ugolini

Vite Ballerine - Prima e dopo il Jobs Act

prefazione di Susanna Camusso

Ed. Ediesse - pp. 266 - € 13,00

 

INTRODUZIONE

 

Che fine avranno fatto Paolo, Federico, Marianna, Antonella,

Sissi, Maristella, Sofia, i tanti giovani atipici e precari che ho incontrato

in quindici anni come autore di una rubrica a loro dedicata,

ogni lunedì, sul giornale «l’Unità», dal 2001 al 2015? Sono i

veri protagonisti di questo libro che ho costruito operando una

cernita fra le centinaia di puntate. Forse alcuni avranno trovato

una collocazione, sia pure non garantita «per sempre», nell’ambito

del Jobs Act. La stragrande maggioranza di loro e di quelli

che a loro sono succeduti immaginiamo che siano alle prese con

un paese che «decresce» e con la difficoltà di essere collocati in

un lavoro davvero stabile e, comunque, con la possibilità di essere

tutelati dalle malattie, dagli infortuni, dal cambio repentino e

irragionevole di qualifica, da prospettive pensionistiche pauperistiche,

da licenziamenti non seriamente motivati.

Non è stata fatta miracolosamente piazza pulita del grande

problema di una frammentazione del mondo del lavoro con la

frammentazione di diritti e tutele. Non è iniziata l’epoca nuova di

un lavoro stabilizzato, dove magari il posto fisso non è una certezza

ma rimane la certezza di non rimanere soli e abbandonati,

senza diritti e senza tutele. I collaboratori, anche quelli a progetto,

le partite Iva, gli stagisti senza paga e senza formazione, non

sono spariti. Anzi le partite Iva sono aumentate così come è aumentato

il lavoro «grigio» attraverso i voucher. Secondo l’Inps i

voucher per il pagamento del lavoro occupazionale registrano,

nei primi undici mesi del 2015, la vendita di 102,4 milioni di

buoni da 10 euro, il 67,5% in più rispetto al corrispondente periodo

del 2014. Trattasi di un esercito di persone, in maggioranza

giovani, costretti a lavori occasionali. Questa non è certo la

«buona flessibilità». Nello stesso tempo il Jobs Act ha continuato

l’opera di correzione di alcuni diritti presenti nello Statuto dei lavoratori

(sui licenziamenti, ma anche sui controlli a distanza e sul

cosiddetto demansionamento). Per cui nei luoghi di lavoro rimarrà

una dualità tra chi ha tutte le tutele del passato e chi no.

I giudizi sul Jobs Act non sono però omogenei. Nel libro troviamo,

accanto alle analisi di Susanna Camusso e Serena Sorrentino,

quelle di Claudio Treves (segretario del NIdiL Cgil), di Loredana

Taddei (Politiche di genere Cgil), di Marco Di Girolamo

(segretario della Fillea Lombardia), di Carmelo Barbagallo (segretario

generale della Uil), del giuslavorista Umberto Romagnoli,

di uno studioso come Michele Tiraboschi, ma anche quelle assai

diverse di Cesare Damiano (presidente della Commissione Lavoro),

di Tiziano Treu (già ministro del Lavoro) e del segretario

confederale della Cisl Gigi Petteni. Nonché testimonianze di chi

vive sulla sua pelle, anche nel 2016, una condizione precaria e di

chi ha trovato, con le nuove norme, una gratificante soluzione sia

pure non definitiva. Una varietà di posizioni che però non sembrano

ostacolare, a livello sindacale, una possibile ripresa unitaria.

Come testimonia l’accordo raggiunto da Cgil, Cisl e Uil sulla

proposta di un nuovo sistema contrattuale.

Il libro è suddiviso in tre parti. La prima ospita, attraverso diversi

capitoli riferiti al settore in cui donne e uomini operano,

storie di lavoro spesso angoscianti, ma anche testimonianze di

chi ce l’ha fatta e di chi, anche attraverso il sindacato, ha conquistato

accordi migliorativi. Nella seconda parte, sempre facendo

perno sulle rubriche di oltre dieci anni, viene in qualche modo ricostruita,

attraverso analisi e proposte, la storia delle leggi collegate

all’espandersi della flessibilità: da quelle sul lavoro interinale

alla fallita legge Smuraglia che doveva nascere all’interno del governo

di centrosinistra, alla legge 30 varata dal centrodestra. Così

come viene raccontato il dibattito dentro il sindacato fino al varo

di una contrattazione inclusiva capace di rappresentare non solo

gli occupati. Il tutto accompagnato da una escursione tra libri e

film dedicati a questa parte del mondo del lavoro. Mentre altri

capitoli approfondiscono il campo delle ricerche effettuate, delle

esperienze sparse nel mondo, degli effetti sul welfare, degli accordi

raggiunti tra sindacati e imprese nel tentativo di arginare la corsa

al precariato. Per concludere con le polemiche che hanno accompagnato

l’intero percorso sviluppato nel libro.

La terza parte di questo Vite ballerine tenta un primo bilancio

del Jobs Act, ovvero di quella serie di misure che avrebbero dovuto,

secondo l’attuale governo di centrosinistra, presieduto da

Matteo Renzi, fornire un risposta compiuta al problema del precariato.

Nelle interviste e nei testi (alcuni scritti appositamente

per noi come quelli di Cesare Damiano, di Loredana Taddei, dei

segretari Cisl e Uil, altri raccolti in diversi siti internet, ad esempio

quelli di Tiziano Treu e Michele Tiraboschi), appaiono, come

abbiamo detto, giudizi diversi.

È sembrato utile, per me, ritornare su questi dieci anni e sugli

epiloghi possibili. Rappresentano, quegli anni, una realtà viva e

violenta. Non cancellata. Che non è esplosa come è avvenuto in

altre stagioni del passato. Quando quello che chiamavano l’operaio-

massa, approdato dal Sud a Torino o Milano, decideva di alzare

la testa, di ribellarsi. Oggi i giovani protagonisti di questo libro

sembrano abbandonarsi a una quieta attesa. Sono chiamati

neet, acronimo inglese: «not in education, employment or training».

Ovvero non studiano e non lavorano. Secondo un recente

studio dell’Università cattolica di Milano sono 2,4 milioni di giovani.

Un dato che ha fatto dire al demografo Alessandro Rosina:

«Un livello allarmante, mai raggiunto nella storia».

Anche i giovani che riusciranno a entrare, tramite le sovvenzioni

alle imprese previste dal Jobs Act, in luoghi di lavoro, lo faranno

con sopra la testa una spada di Damocle. Ovvero la paura

di perdere quel «posto» prezioso, dopo i tre anni, perché licenziati

senza possibilità di reintegro anche per futili motivi. Magari

perché osano contestare ritmi insostenibili, ambienti nocivi, attacchi

all’integrità psicofisica, controlli sui loro telefonini o i loro

tablet. Magari perché osano avvicinare il sindacato, organizzare i

propri compagni. Una paura, una dose sedativa destinata a permeare

nel tempo, via via che le nuove assunzioni sostituiranno la

vecchia manodopera, l’intero mondo del lavoro privato di diritti

essenziali. Anche per questo acquista un grande valore la Carta

dei diritti universali del lavoro voluta dalla Cgil. Una proposta,

una leva per il possibile cambiamento.

Venerdì, 11. Marzo 2016
 

SOCIAL

 

CONTATTI