Le tre grandi bugie sugli immigrati

Invasione che non c’è, costi inferiori ai benefici, nessun lavoro tolto agli italiani. Unica verità, l’inefficienza dello Stato nell’organizzazione dell’accoglienza. La sinistra disinformata e incapace di contrastare con i dati reali la propaganda dei partiti xenofobi

Migrazioni internazionali, fenomeno globale in crescita

Il dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali (UN-DESA), ha diffuso gli ultimi dati disponibili sulle migrazioni, evidenziando come negli ultimi 23 anni (1990-2013) il fenomeno è in forte crescita globale, essendo passato dai 154 milioni di migranti presenti nel 1990 ai 232 milioni attuali (2013), pari al 3,2% della popolazione mondiale.

Il tasso di crescita annuo del flusso migratorio è passato dall1,2% del decennio 1990-2000, al 2,3% del decennio 2000-2010 per poi ridursi all’1,6% di questi ultimi 3 anni a causa della grave crisi economica che ha interessato  i Paesi avanzati.

In cifre assolute, il flusso migratorio annuo del periodo 1990-2013 è stato di 3,4 milioni l’anno, pari allo 0,05% della popolazione mondiale.

Da notare, per inciso, che l’Africa, col suo miliardo e più di abitanti, sulla base del tasso di crescita mondiale del flusso migratorio, dovrebbe avere 500mila emigranti ogni anno, e invece, malgrado la terribile situazione di sofferenza per guerre e persecuzioni, non supera i 300mila emigranti.

Per  quanto riguarda lo stock di migranti presenti nei singoli paesi, la quota del 3,2% della popolazione mondiale è assai variabile da paese a paese. A parte le quote eccezionali dei paesi arabi ( Quatar 86%, Emirati arabi e Kuwait, 70%), di seguito sono riportate le quote dei principali Paesi avanzati:

Usa 12,7%, Germania 12,5%, Regno Unito 12,9%, Francia 12,1%, Spagna 16,2%, Italia 8,2%.  Da segnalare il caso della Spagna che a differenza degli altri paesi di immigrazione storica, ha la sua alta quota solo negli ultimi 20 anni, proprio a causa del suo record mondiale di bassa natalità, che condivide con l’Italia da 30 anni a questa parte.

Migrazioni italiane, record mondiale storico

L’Istat, nelle “Statistiche storiche dell’Italia, 1861-1965”, ci rivela le cifre, anno per anno, degli espatri e dei rientri degli italiani.

Dalla tavola 18 “Movimento migratorio con l’estero”, si ricava che, in poco più di un secolo, 1861-1965, sono espatriati più di 27 milioni di italiani, una cifra enorme se rapportata alla popolazione media di quegli anni, 40 milioni di residenti, cioè è emigrato in un secolo il 68%, più dei 2/3 della popolazione.

Anche tenendo conto dei rimpatri del periodo, 7 milioni, rimane che in un secolo più di metà della popolazione italiana è espatriata definitivamente. Si tratta quasi  sicuramente di un record mondiale. Non avendo sottomano statistiche degli espatri  di altri paesi altrettanto complete, ma solo cifre sparse, si può dedurre che forse, un solo paese ci batte per gli esodi, l’Irlanda, che con una popolazione di 4 milioni circa, solo verso gli Usa ha visto espatriare in un secolo 5 milioni di irlandesi.     

Italia e Spagna, immigrazioni alle stelle negli ultimi 20 anni, causa forte denatalità

A differenza di Francia e Regno Unito, paesi di immigrazione storica per i loro passati coloniali, Italia e Spagna sono esempi classici di paesi  soggetti a forti ondate migratorie in pochi anni. In poco più di un decennio la Spagna è passata da 2 a 6,5 milioni di immigrati e l’Italia nel decennio 2000-2010 da 1,2 a 5,2 milioni. E questo è successo per un motivo semplicissimo, il record mondiale di denatalità dei due paesi, 1,3 figli per donna contro i 2,1 figli necessari per la stabilità demografica.

L’Italia è quindi tra i paesi europei dove le immigrazioni, grazie alla forte denatalità, hanno avuto l’accelerazione più forte a partire dal 2000. È quello infatti l'anno in cui si sono cominciati ad avvertire gli effetti del calo dei nati cominciato nel 1975, passati  da un milione a mezzo milione l’anno. Quando i sessantenni hanno cominciato ad andare in pensione, per ogni 10 anziani che andavano in pensione c’erano solo 5 giovani nati 20 anni prima. Da qui è originato il boom delle immigrazioni del decennio 2000-2010, ben 4 milioni che, in aggiunta al milione preesistente, hanno portato alla cifra attuale di più di 5 milioni di stranieri, di cui almeno 3 lavoratori e 2  familiari.

Questi 3 milioni in massima parte fanno lavori rifiutati dagli italiani, per status (colf e badante), per fatica e bassi salari (stagionale in agricoltura, pescatore e pastore), per pericolosità (edilizia), perché ritenuti faticosi  e mal pagati come fonderie e industrie alimentari, commercio al dettaglio, pizzerie, bar e ristoranti, alberghi, servizi di pulizia.  Molti settori continuano a vivere solo per la presenza di immigrati, più di un milione di Colf e badanti consentono a milioni di uomini e donne di andare al lavoro oltre a  salvare il Welfare,  mentre milioni di pensionati italiani riscuotono la pensione grazie anche ai 10 miliardi di contributi che gli stranieri versano annualmente all’Inps. Nessuno ha ben spiegato agli italiani che, come ha previsto anche l’Istat, il paese ha bisogno di almeno 200mila immigrati l’anno per non chiudere bottega. Come nessuno ha spiegato che molti lavori degli italiani son proprio salvati dagli immigratiti, che fanno produzioni di base necessarie per salvare produzioni a valle, come i pescatori di Mazara del Vallo, i pastori in Abruzzo ed  i raccoglitori per l’industria alimentare, i piccoli commercianti, gli infermieri per gli ospedali, i camerieri ed i cucinieri per il turismo.

Xenofobia e razzismo alimentati da ignoranza e propaganda politica 

Cambiamenti così bruschi e drammatici come quelli subiti dall’Italia in poco più di un decennio non potevano non avere profondi effetti negativi sulla condizione di insicurezza di una popolazione già piegata e piagata da una crisi economica di durezza e durata senza precedenti. Anche se, va detto, la percezione di insicurezza è superiore alla insicurezza reale, grazie al lavoro di propaganda politica dei partiti della destra, a partire dalla Lega, fenomeno ben noto agli studiosi di razzismo e xenofobia. 

“Quando la xenofobia prende partito” era il titolo di un articolo di Piero Ignazi sul Sole 24 ore, del 2010 ma attualissimo, che illustrava i risultati di una inchiesta dedicata al ritorno dei populismi in Europa ed in America. “L’inchiesta ha messo in luce il diffondersi di un sentimento di paura nei confronti dell’immigrazione dal terzo mondo, che spinge settori sempre più ampi dei ceti popolari a cercare rifugio consolatorio nei partiti dell’estrema destra populista, che offrono soluzioni semplicistiche e schematiche a problemi complessi e reali”.

L’inchiesta del Sole citava tra l’altro i risultati di una ampia ricerca condotta in 20 paesi occidentali dell’Ocse, pubblicata sull’European Journal of Political Research, che metteva in relazione il livello di disoccupazione con la xenofobia. La ricerca concludeva che una relazione evidente non esiste, in quanto “nei paesi a più alta disoccupazione, la xenofobia è diffusa solo tra il 5% della popolazione laddove non esiste alcun partito populista di destra, come in Spagna, mentre schizza sino al 30% laddove esiste invece un partito di tal genere, come in Francia, Austria, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna" e, aggiungo io, Italia.

La ricerca conclude: “ Se si prendono in esame i 10 paesi in cui esiste un partito populista, si nota come al crescere della disoccupazione, aumenti e di molto il sentimento antistraniero. In conclusione, solo attraverso la propaganda di questi partiti l’ostilità agli immigrati diventa un tema reale. Il rischio per le società occidentali è quindi rappresentato da una saldatura tra settori della popolazione in crisi e messaggi xenofobi e falsi dei partiti populisti”.

Sintomatico  il caso della Spagna, paese a più alta disoccupazione d’Europa (25%), oggetto della più massiccia ondata migratoria degli ultimi decenni (stranieri triplicati a 6,5 milioni), che ha raggiunto in qualche decennio una percentuale di stranieri sulla popolazione superiore a quelle di paesi di immigrazione storica come Francia e Gran Bretagna, e per di più con la più alta presenza di Rom (sono più di 170mila, chiamati Gitani), che con piani intelligenti e generosi sono stati quasi tutti stabilizzati ed  integrati con la popolazione locale.

La recente indagine dell’istituto americano Pew conferma questi dati: “l’Italia è in testa in Europa, con la Polonia, per antisemitismo ed ostilità a nomadi ed immigrati, mentre la Spagna, paese a più alta presenza di immigrati sulla popolazione d’Europa, si conferma tra i paesi meno razzisti ” (Chiara Saraceno su Repubblica).

Le grandi bugie

Prima grande bugia, si  parla di una invasione dal mare che non c’è. Nei primi 5 mesi di quest’anno sono sbarcati 54mila profughi, un po’ meno dello stesso periodo dell’anno scorso.  Poiché nell’intero anno 2014 ne sbarcarono 170mila,  è ragionevole dedurre che gli sbarchi quest’anno saranno meno di quelli passati, tra 130mila e 150 mila. Il caos avvertito dai cittadini è provocato, oltre che dalla propaganda politica della Lega e compagni, dalla pessima organizzazione italiana dell’accoglienza che non è capace di prevedere un effetto di antica data, a causa della regola di Dublino che obbliga il richiedente asilo a restare nel paese d’ingresso. L’80% dei quelli che entrano in Italia sono dei “transitanti” che evitano di farsi trascrivere perché non vogliono restare in Italia.

Quanto poi al numero complessivo dei migranti che restano in Italia, i numeri sono questi: 400mila/anno nel decennio 2000-2010, 200mila/anno nei primi anni 2000 ed appena 100mila l’anno scorso.  Il peso di Africa e medio Oriente su questi ingressi definitivi è stato sempre inferiore al 10%, tanto che  ad oggi, nelle maggiori  10 nazionalità sulle 200 presenti nel paese, Romania ed Albania in testa c’è un solo paese africano, il Marocco, di emigrazione storica più che attuale.

Seconda grande bugia, gli immigrati costano molto all’Italia  

Soppesando costi e benefici i “nuovi italiani” portano in dote alle casse dello Stato un gruzzolo di molti miliardi di euro. È quanto emerge dal Dossier statistico 2013 del Centro Studi e Ricerche Idos, in collaborazione con l’Unar, la più completa rassegna documentata su un tema su cui le bugie propagandistiche sono più abbondanti delle analisi serie. Rispetto agli introiti di 13,3 miliardi che i 3-4 milioni di lavoratori stranieri danno allo Stato per contributi previdenziali e tasse ci sono 11,9 miliardi che lo Stato spende più per interventi di contrasto all’immigrazione che per le politiche di integrazione.  Almeno la metà di questi costi sono sostenuti dall’Europa. Senza contare il contributo al pil di 3 milioni di lavoratori, stimato prudentemente in almeno 50 miliardi.

Resta purtroppo che lo Stato spende male ed organizza peggio per il fenomeno immigrati, come tutto il mondo ha visto nella non preveggenza del fenomeno transitanti, che hanno invaso le grandi stazioni di Milano, Roma ed i valichi, Ventimiglia, Brennero, etc... La stessa incapacità organizzativa si vide nella gestione del dramma di Lampedusa, con 350 morti annegati nel 2013, dove si lasciarono i 200 superstiti giorni e notti al vento ed all’acqua senza un minimo di protezione. Sarebbero bastate un po’ di tende della protezione civile, a costo zero,  per non mostrare al mondo l’indegno spettacolo dei superstiti mal riparati sotto rifugi improvvisati e precari. Ma questo è l’eterno discorso dell’inefficienza della nostra pubblica amministrazione e, va detto, anche dei politici che la dirigono, spesso più attenti a mostrare lacrime che a promuovere interventi efficaci e anche meno costosi, senza parlare della corruzione dilagante, altro elemento che riduce il nostro potere contrattuale quando chiediamo solidarietà all’Europa.

La terza grande bugia è che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani

Le caratteristiche dell’immigrazione in Italia, cresciuta impetuosamente  nell’ultimo decennio da 1,5 milioni a 5 milioni, è la presenza nei lavori più umili, mal pagati e pur necessari, favorita dal buco demografico italiano, cominciato ormai 35 anni fa, quando improvvisamente le nascite si sono dimezzate da un milione a mezzo milione l’anno. Ed oggi la presenza degli immigrati in tutti i settori è tale che se improvvisamente domani partissero o scioperassero, il paese letteralmente fallirebbe. Le perdite di ricchezza ammonterebbero a decine e centinaia di miliardi! Andrebbero in crisi interi settori, dall’agricoltura all’allevamento, con quasi 200mila lavoratori stranieri; alla pesca specie d’altura, con 10mila stranieri; alle costruzioni con almeno 300mila edili; all’industria manifatturiera pesante (fonderie, concerie, carni, etc.) con più di 300mila stranieri; dal commercio, alberghi, pizzerie  e ristoranti con 500mila stranieri, alla sanità con almeno 30mila stranieri, dai trasporti con quasi 100mila stranieri ai servizi domestici con quasi 2 milioni di colf e badanti.

A questo riguardo va detto che il successo crescente di partiti xenofobi e anti euro in Europa, la stessa posizione anti immigrati di Salvini e Grillo, derivano anche dai modi sbagliati ed incolti con cui la sinistra affronta il tema. Un esempio. Quanti italiani, davanti al “casino” mediatico dei drammatici sbarchi dall’Africa, sanno che dei 4 milioni di immigrazione netta in Italia del decennio 2000- 2010, appena 250 mila sono venuti dal Mediterraneo, poco più del 5%? Alla Lega e ad altri xenofobi che parlavano di “invasione dall’Africa” nessun politico, nei tanti inutili talk show ha saputo buttare in faccia le cifre vere.

Adesso il flusso complessivo di immigrazione si è dimezzato, da 400mila a 100mila l’anno, per la crisi in atto e per le nostre cattive politiche migratorie, attente più a criminalizzare che ad integrare, più a rendere difficile l’ingresso a mestieri e professioni necessarie allo sviluppo che a favorirlo. E nessuno ha spiegato agli italiani - come fece Helmut Kohl ai tedeschi in una famosa seduta del Bundestag - che “se domani partissero tutti gli stranieri il paese si fermerebbe, dagli ospedali alle fabbriche, dagli alberghi alla nettezza urbana, dai trasporti al commercio, dall'agricoltura alla pesca”. Era compito della politica seria, soprattutto della sinistra, evitare la guerra dei poveri e l’aumento dei sentimenti razzisti, ahimè in atto, spiegando meglio alla gente che con la disoccupazione e la pesante crisi in atto gli immigrati non c’entrano neanche un poco. Anzi, se partissero, interi settori fallirebbero e molti italiani perderebbero l loro lavoro!

Lunedì, 22. Giugno 2015
 

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