Il '77 visto dagli storici

La rivista "Mondo contemporaneo" è uscita con un numero monografico dedicato a quel movimento e a come fu visto dai partiti, dagli intellettuali, dagli operai, dai brigatisti e la percezione che se ne ebbe in Francia, Germania e Usa

Mondo Contemporaneo, rivista di storia, esce con un numero monografico dedicato al 1977 (n. 1/2014). Oggetto di polemiche e di letture contrapposte, fino ad oggi gli eventi di quell’anno critico sono stati ricostruiti prevalentemente attraverso la memorialistica e le inchieste giornalistiche. È ormai tempo che la storia affronti questo argomento con gli strumenti che gli sono propri, attingendo alle fonti dirette e agli archivi oggi disponibili. È partendo da questo convincimento che la rivista ha deciso di ospitare gran parte delle relazioni presentate al convegno internazionale dedicato all’Italia del 1977, svoltosi al Senato nella primavera dello scorso anno. Saggi relativamente brevi per gli standard della rivista, introducono una serie di elementi e di punti di vista inediti, pur mantenendo un criterio di fondo comune: privilegiare la via ricostruttiva rispetto a quella interpretativa, come scrivono i curatori (Giovanni Mario Ceci e Guido Panvini) in apertura del volume. 

 

Tra conflittualità e riflusso. L’Italia del 1977 nelle relazioni del ministero dell’Interno,  di Paolo Mattera, studia gli orientamenti dell’opinione pubblica nel 1977, utilizzando le relazioni di prefetti e questori al ministero dell’Interno. Ne emerge uno scenario variegato che evolve nel corso dei mesi: solo tre (Roma, Milano e Bologna) le città coinvolte dalla mobilitazione collettiva, mentre nel resto d’Italia l’«ordine pubblico» appare normale e tranquillo. Ad accomunare tutto il paese stava però la crescente inquietudine per la crisi economica e per lo stallo politico. In un paese spaccato tra conflittualità e riflusso, fu la tensione sociale ad alimentare la disponibilità alla violenza, mentre la crescente stanchezza poneva le basi del riflusso e dell’ethos individualistico che avrebbe caratterizzato la imminente svolta degli anni Ottanta.

 

L’anno della consapevolezza. Il 1977 nell’Italia meridionale, tra nuovi conflitti e trasformazioni sociali, di Luigi Ambrosi, evidenzia nelle regioni del Sud Italia processi quali la generalizzazione dell’ambientalismo, la ribellione giovanile e dei “non garantiti”, la potenza rivelatrice e sommovitrice dei mezzi di comunicazione rispetto al malcostume e alla criminalità. Ne emerge un quadro dinamico e articolato, polarizzato tra la “capitale” Napoli e la marginale Calabria.

 

Andrea Sangiovanni, con «Fratelli tute blu…»: gli operai e il Settantasette analizza il 1977 dal punto di vista operaio e sindacale (con particolare attenzione alla cultura comunista), chiedendosi se esso sia stato un punto di svolta anche per questi soggetti così come per la componente giovanile. Risultato principale dell’analisi è che all’interno del movimento operaio è possibile rintracciare sin dal 1977 quelle tensioni e quelle contraddizioni che avrebbero contribuito a portarlo alle sconfitte degli anni Ottanta, ma che sarebbero esplose solo quando, per così dire, il 1977 sarebbe entrato in fabbrica, ad esempio con le grandi assunzioni alla Fiat del 1979, quando il rapporto conflittuale di giovani e donne con la cultura comunista o con l’etica del lavoro avrebbe finito per compromettere un già delicato equilibrio.

 

L’articolo di Luca Falciola, I dibattiti degli intellettuali italiani nel 1977: segnali di una svolta culturale?, si interroga sulla natura e sulla portata della svolta culturale del 1977 in Italia, attraverso un’indagine dei principali dibattiti che coinvolsero gli intellettuali: quello sul rapporto tra socialismo e democrazia e sulla «crisi del marxismo»; quello sul ruolo degli intellettuali rispetto alle istituzioni politiche; quello sulla repressione del «dissenso». Emerge la forte interconnessione tra questi tre nuclei tematici, riconducibili ad un’unica più vasta questione: il ruolo e l’identità dei comunisti di fronte alle responsabilità di governo democratico. I dibattiti del 1977 svelarono così una crisi generale dei discorsi di legittimazione, ma annunciarono mutamenti che richiesero più di un decennio per materializzarsi.

 In Sacrifici e desideri. Il movimento del ’77 nell’Italia che cambia, Alessio Gagliardi nota che la «politica dei sacrifici» del governo Andreotti e la proposta dell’«austerità» avanzata da Berlinguer furono il principale bersaglio del movimento del 1977. Ebbe così luogo, quell’anno, la prima contrapposizione esplicita e frontale in Italia fra il principale partito della sinistra e un movimento sociale. Si trattò non solo di uno scontro politico e ideologico, ma anche di una contrapposizione tra diversi universi culturali, sistemi di valori, modelli esistenziali, che traducevano modi diversi di interpretare e vivere le trasformazioni della società italiana. Il movimento fu anche un’espressione di quei cambiamenti, cui diede corpo con un rapporto tra militanza e privato diverso dal passato. Nonostante le rigide posizioni del suo gruppo dirigente, quei fermenti, però, attraversarono anche il corpo del Pci.

Guerra a sinistra. Il Pci, il Psi e il movimento del ’77 di Roberto Colozza descrive come il Pci e il Psi reagirono al movimento. Attraverso questo prisma, Pci e Psi combatterono in realtà il loro duello per l’egemonia nella sinistra: dall’alto del proprio consenso elettorale, il Pci cercava di accedere all’area di governo e stigmatizzava recisamente la nuova contestazione, fino ad accusarla di squadrismo; il Psi, debole elettoralmente, mirava a delegittimare le aspirazioni governative del Pci, a mostrare comprensione verso il disagio sociale e a rappresentarsi come l’unica vera forza riformatrice del paese.

 

«Sicurezza pubblica: problema primario». La Democrazia cristiana e il movimento del ’77 di Giovanni Mario Ceci ricostruisce, utilizzando documenti e stampa del partito e del movimento cattolico, dibattiti parlamentari, fonti statunitensi e memorie, l’atteggiamento della Democrazia cristiana di fronte alla nuova ondata di protesta. Emerge sia un’evoluzione nei giudizi che una pluralità di letture, attorno ai temi di una possibile dimensione internazionale della nuova protesta e del rapporto tra essa e il terrorismo. A prevalere fu comunque una lettura in termini di violenza e di ordine pubblico, accompagnata spesso da una critica durissima nei confronti dei comunisti. Tale lettura contribuì probabilmente alla radicalizzazione stessa della protesta e alla degenerazione di alcune sue componenti fino alla scelta della lotta armata.

 

In Le Brigate rosse e i movimenti del 1977, Guido Panvini, attraverso l’analisi dei documenti prodotti dalle Brigate rosse ed indirizzati ai protagonisti di quella stagione di lotte, ricostruisce il modo in cui le Br interagirono con i movimenti, con l’obiettivo di iniziare a valutare le ricadute della strategia brigatista sulla radicalizzazione dei repertori d’azione impiegati dai movimenti. L’articolo cerca di verificare se vi fossero settori già predisposti verso la militarizzazione della lotta politica e se l’apparente convergenza su obiettivi condivisi celasse, in realtà, differenze e rivalità incompatibili. Comunque, nel 1977 vi fu un incremento delle formazioni clandestine armate, proprio quando le Br stavano pianificando l’«attacco al cuore dello Stato».

 

Tre saggi infine gettano uno sguardo sulle letture che diede di quegli avvenimenti la stampa francese, tedesca e americana. «L’Italie a fait faillite et les italiens ne le savent pas». Uno sguardo francese sull’Italia del ’77 di Andrea Argenio, analizzando la stampa francese, osserva che le dinamiche politiche e sociali dell’Italia vennero filtrate attraverso lo sguardo di giornalisti che, nei primi mesi dell’anno, colsero un paese allo sbando. Tuttavia, si verificò in seguito un ripensamento delle immagini negative iniziali, dovuto alla percezione di una capacità italiana di affrontare l’emergenza terroristica e di ordine pubblico. Ciò fece emergere un confronto più complesso con la situazione francese, considerata con preoccupazione per l’aumento della conflittualità sociale.

 

Laura Fasanaro, con 1977, “Italien steht nicht stille”. Un profilo politico e sociale dell’Italia: Der Spiegel, Die Zeit e Frankfurter Allgemeine, attraverso l’analisi delle tre grandi testate tedesco occidentali ad ampia diffusione nazionale e internazionale mette in luce i contorni di una rappresentazione che sfiora spesso lo stereotipo e che si concentra sulle contraddizioni della “solidarietà nazionale”, sul dilemma del Pci come partito di governo, sull’eurocomunismo come fenomeno internazionale, sul disagio giovanile e sulla violenza diffusa e incontrollata.

 

Infine Laura Ciglioni nel saggio «La Dolce Vita Turns Perilous»: l’Italia del ’77 vista dagli americani, mettendo a confronto le analisi della stampa quotidiana e periodica con quelle dell’amministrazione, della Cia e dell’ambasciata a Roma, ricostruisce l’immagine dell’Italia diffusa negli Stati Uniti durante quell’anno. Il saggio ricostruisce non solo come i principali problemi della vita politica italiana – soprattutto il “compromesso storico” e l’eurocomunismo, la crisi economica e il terrorismo, la violenza politica – fossero giudicati, ma anche quale immagine complessiva della società italiana fosse proposta, quali fossero i cambiamenti percepiti nello stile di vita, nei costumi, nella produzione culturale.

 

La rivista o i singoli saggi possono essere acquistati direttamente sul sito dell’editore FrancoAngeli.
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Venerdì, 24. Ottobre 2014
 

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