Una firma contro il disastro dell'austerità

C'è tempo solo fino al 25 settembre per aderire ai quattro referendum, promossi da economisti, giuristi e politici dei più diversi orientamenti, che si propongono di abrogare parti della legge che ha recepito il Fiscal compact e introdotto l'obbligo del pareggio di bilancio
Sono economisti e giuristi di diversi orientamenti politici, appoggiati da politici per lo più progressisti. Hanno scritto e protestato contro la politica economica europea, quella dell'austerità imposta dalle tecnocrazie e sostenuta dalla Germania e dai suoi alleati. Vista la sordità degli interlocutori, e la loro indifferenza ai disastri che quella politica ha prodotto e continua a produrre, hanno cercato una strada che permetta ai cittadini almeno di esprimersi su questa strategia deleteria. E sono riusciti a formulare quattro quesiti per quattro referendum abrogativi di altrettante parti della legge italiana, varata sotto il governo Monti, che ha recepito l'accordo sul Fiscal compact - quello che fissa gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito pubblico - e inserito il pareggio di bilancio nella nostra Costituzione.
 
Non è stato facile, perché la legge italiana vieta che siano sottoposti a referendum abrogativo norme derivanti da trattati internazionali e norme costituzionali. Ma ci sono riusciti per l'eccesso di zelo del governo Monti, che nella legge italiana ha introdotto obblighi che andavano persino oltre alle già demenziali prescrizioni europee. Ed è proprio su questi che sono stati formulati i quesiti da sottoporre al referendum.
 
Non ci addentriamo qui in dettagli tecnico-giuridici, perché in fondo non sono molto rilevanti. Anche nei referendum sul nucleare e sulla gestione dell'acqua i quesiti specifici riguardavano questioni quasi di dettaglio. Ma ciò che contava era il significato politico del voto, che era chiaramente un sì o un no al nucleare e un sì o un no alla gestione dell'acqua da parte dei privati: e infatti in questo senso sono stati letti i risultati. Lo stesso è per questi: al di là dei tecnicismi, i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi pro o contro la politica di austerità, e un'eventuale vittoria dei "sì", cioè dell'abrogazione di quelle norme specifiche, avrebbe il significato generale di un rigetto di questa Europa dei tecnocrati che guarda ai decimali dei conti e ignora disoccupazione, povertà e diseguaglianze scandalose.
 
Perchè sia possibile pronunciarsi, però, è necessario raggiungere il numero di firme richiesto, teoricamente 500.000, ma almeno 100.000 in più per mettersi al riparo da eventuali errori o invalidazioni. L'obiettivo, dicono al Comitato per il referendum, è a portata di mano ma non è ancora raggiunto, e i tempi sono ormai molto stretti: neanche fino a fine settembre, perché bisognerà interrompere la raccolta di firme qualche giorno prima per avere il tempo per gli adempimenti formali.
 
Chi dunque volesse cogliere l'occasione per inviare un messaggio che certamente non sarebbe senza conseguenze farà bene a mobilitarsi subito: le informazioni su come fare si possono trovare sul sito del Comitato promotore. Un'opportunità da non perdere se si vuole sfruttare uno dei rari strumenti di democrazia diretta che ancora sopravvive all'ondata conservatrice.
Giovedì, 11. Settembre 2014
 

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