La partita più difficile di Renzi

I dieci miliardi distribuiti – un po’ casualmente – in busta paga potranno avere effetti di rilancio dell’economia solo ad alcune condizioni, proprio quelle che Commissione Ue (e Merkel) non apprezzano. Se Renzi vorrà e riuscirà a farle passare potrebbe davvero iniziare la svolta, altrimenti resteremo nelle sabbie mobili

Alla Lotteria Italia stavolta hanno vinto 10 milioni di persone. Non sono i più poveri, neanche i disoccupati, neanche i pensionati, neanche chi guadagna meno di tutti tra chi lavora e nemmeno tutti quelli compresi nella fascia di reddito prevista (per esempio non ci sono i lavoratori autonomi). Bisognava limitare il campo, altrimenti di quei 10 miliardi stanziati sarebbero arrivati ad ognuno pochi spiccioli, come per la manovra di Letta, col rischio di fare più rabbia che piacere. E il campo è stato limitato a loro: un colpo di fortuna, appunto, come alla lotteria. Il premio, certo, è poco più che un premio di consolazione: 80 euro al mese in più in busta paga non cambiano la vita, però almeno si vedono, non hanno l’aria di una presa in giro. Che effetti ne deriveranno?

 

I redditi di chi avrà quegli 80 euro in più sono comunque bassi, quindi è molto probabile che saranno spesi, tamponando il crollo dei consumi che continua dall’inizio della crisi e ha trascinato giù il Pil, che dai consumi è alimentato per circa tre quarti. Sono circolate stime secondo cui verrà generato un aumento aggiuntivo del Pil dello 0,8%, che di questi tempi sarebbe un ottimo risultato.

 

Però, però. Questo accadrà a patto che si verifichi uno di questi due casi: 1) i 10 miliardi verranno dati senza copertura (o meglio, con una copertura formale, di fatto “finta”, messa lì per rispettare le norme ma destinata a rivelarsi illusoria); oppure, 2) che la copertura venga da fonti che non abbiano effetti recessivi. Per  esempio, se venisse da un “contributo di solidarietà” imposto alle pensioni oltre i 2000-2500 euro lordi (ipotesi di cui si continua a parlare, ma che Renzi finora ha recisamente smentito), l’effetto sui consumi sarebbe pari e patta. Se invece venisse da un prelievo su redditi (redditi, non patrimoni) oltre, per dire, i 500.000 euro, l’effetto recessivo non ci sarebbe, perché chi ha quei redditi non cambia il suo stile di vita (cioè, non consuma di meno) per effetto di un aumento delle tasse. Naturalmente stiamo semplificando tanto per spiegarci, non è realistico ipotizzare di poter ricavare 10 miliardi da chi ha redditi così alti, che è un numero molto piccolo di persone.

 

Detto in altre parole, l’effetto ci sarà se non si darà con una mano prendendo poi con l’altra, oppure se dando ad alcuni ma togliendo ad altri che stanno meglio solo di poco (ma è qui, purtroppo, che stanno i grandi numeri). In quest’ultimo caso sarebbe stato solo fumo negli occhi, non si sa quanto pagante anche dal punto di vista elettorale.

 

Ma c’è un altro non piccolo problema: quello che farebbe bene all’economia non è affatto apprezzato a Bruxelles, dove si guarda prima di tutto al rispetto dei vincoli di bilancio Farebbe passare, la Commissione Ue, una copertura finta? Poco probabile. E accetterà che il nostro deficit si attesti al 3%, come Renzi ha giustamente annunciato di voler fare, cosa che allontanerebbe il mitico “pareggio di bilancio strutturale”? Difficile anche questo, almeno a giudicare dalle prime dichiarazioni: apprezzamento formale, e subito dopo riaffermazione che bisogna operare nel rispetto dei vincoli.

 

“Qui si parrà la sua nobilitate” (di Renzi). Riuscirà ad ottenere quello che ci aspettavamo già da Monti, e che Monti invece non ha nemmeno chiesto? Superando anche i dubbi del suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che alla linea cara a Bruxelles (e alla Merkel) è certamente assai vicino? La vera partita del presidente del Consiglio è tutta qui. Se la vince, si può aprire un nuovo capitolo, la messa in discussione – finalmente – della disastrosa politica europea. Se la perde, rimane nella sabbie mobili, e noi con lui.

Venerdì, 14. Marzo 2014
 

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