Penso che la notizia più importante con la quale tv e stampa hanno presentato la Legge di stabilità sia quella relativa a ciò che non cè: nessun taglio alla sanità. Un bel sospiro di sollievo. Quando poi si passa a ciò che cè, il sospiro diviene di delusione, malgrado labilità con cui Letta ha presentato la manovra.
Nei giorni precedenti il varo si parlava di quattro-cinque miliardi (per il 2014) di taglio del cuneo fiscale sul lavoro, da dividere tra lavoratori ed imprese. Le parti sociali unanimi richiedevano un raddoppio della cifra. In effetti sono state accontentate: la cifra è di 10,5 miliardi, 5 per i lavoratori e 5,5 per le imprese. Solo che il tutto è spalmato in tre anni. Così la notizia principale diviene quella dei 14 euro mensili di aumento della busta paga; notizia gravemente inesatta, perché agli euro bisogna aggiungere 33 centesimi.
In realtà i 172 euro annui costituiscono laumento di reddito disponibile più elevato, corrispondente ad un lavoratore con reddito imponibile di 15.000 euro. Per tutti gli altri gli aumenti sono più bassi, in media inferiori ai 10 euro. Intendiamoci: con così pochi soldi il ritocco della detrazione da lavoro dipendente è la migliore soluzione, una volta che si sia deciso di voler dare il segnale di agire sullIrpef. Ma la domanda è se non sarebbe stato meglio aumentare gli assegni al nucleo familiare (Anf). In questo modo la platea dei beneficiari sarebbe stata più ridotta, e ne avrebbero potuto usufruire anche quelle famiglie con minori che sono già a Irpef zero, e che quindi non beneficiano per nulla dellaumento della detrazione. Leffetto redistributivo, peraltro molto blando, sarebbe stato migliore.
Abbandono il tema distributivo, cui istintivamente pensa chi ha il cuore a sinistra, e passo allaspetto macroeconomico. Che cosa dobbiamo aspettarci per lanno prossimo? Il governo stanzia 11,6 miliardi, di cui un miliardo e mezzo per i lavoratori (il ritocco della detrazione), uno per le imprese, più un altro, o poco più, per la continuazione di incentivi vari che ogni anno devono essere rinnovati. Circa lo 0,74 di un punto di Pil. Solo che non occorre dimenticare laumento di un punto di Iva (per la maggioranza dei beni che già dal primo ottobre sono tassati al 22%). Leffetto deflattivo dellimposta sul consumo è sicuro, ed è solo in parte compensato dagli sgravi fiscali, anche perché è di entità maggiore. Lo stesso aumento delle detrazioni, se, come indica la normativa fiscale, fosse spalmato su dodici mensilità passerebbe inosservato. Bisognerebbe prevedere di darlo una tantum, ai primi mesi dellanno, per poter sperare in un effetto sui consumi.
Il governo spera di raggiungere l1% di aumento del Pil per il prossimo anno. Le previsioni di consenso di istituzioni internazionali e centri privati indicano lo 0,7%. Anche se avesse ragione il governo, e cè da dubitare, rispetto al calo di circa nove punti in sei anni ci sarebbe poco da festeggiare. Oltre a doversi augurare che la produttività del lavoro aumenti di meno delluno per cento, per non far salire ancora di più la disoccupazione.
Certo, cè lo spread. Ricevere lincoraggiamento della Commissione Europea (cioè di Frau Merkel) può spingere i mercati finanziari ad una maggiore domanda, e quindi ad un calo dei tassi (un decennale sotto il 4%?). Ma se poi la produzione ristagna, e la durata del governo diviene sempre più incerta, che cosa faranno i mercati?
Commenti
Futuro buio
Testo ben articolato che spinge allo scetticismo ovviamente!
A meno di ridiscutere alla greca un giorno il debito pubblico e dunque di rimettere in causa il ruolo dei mercati in questa Europa germano-finanziaria, ma non ci siamo ancora.
Continuiamo a veder scendere leconomia reale italiana e a parlare di avanzo primario come successo mentre scuole, ferrovie regionali e ospedali sono sempre più degradati?
Un francese di Pisa: Jean-Olivier