Martedì 2 ottobre Berlusconi è stato fermato, come conducente del Pdl, per guida in stato di ebbrezza. Questo evento può rendere lattività del governo sulle strade della circolazione parlamentare meno insicura. Almeno per qualche mese. Tuttavia il problema vero del governo non è solo la sua tenuta o la sua durata, ma la effettiva capacità di modificare i termini della situazione economica e sociale. Che è sempre più insostenibile. In particolare per due aspetti: il potere dacquisto delle famiglie, diminuito del 4.7 per cento e regredito ai valori del 1990, cioè a ben 23 anni; i numeri della disoccupazione che si alzano in piedi, mettendo in angoscia milioni di persone e di famiglie. In un quadro del genere, se si vuole davvero uscire dai guai, occorre mettere concretamente mano alla ripartizione del reddito e del lavoro. Tra pochi giorni, con la presentazione della Legge di Stabilità, avremo modo di vedere se queste saranno o meno le scelte che farà il governo. Nellattesa è bene chiarire da subito che, al punto in cui siamo, non cè più spazio per chiacchiere fuorvianti e soluzioni finte. Non possiamo infatti più perdere tempo, perché ormai è il tempo che perde noi.
Per intenderci, si tratta esattamente del contrario di quanto il governo delle larghe intese ha fatto con labolizione totale della prima rata dellImu, la promessa di operare nello stesso modo per la seconda, ed il proposito (poi non riuscito) di rinviare laumento dellIva. Per la buona ragione che labolizione totale dellImu costituiva semplicemente un cedimento al ricatto politico-elettorale della destra a beneficio dei ricchi. Senza nessun vantaggio per leconomia e con effetti regressivi sul piano della distribuzione del reddito. Facendo bruciare, nel contempo, risorse indispensabili per ridurre le pressione fiscale sui ceti medio-bassi e diminuire le diseguaglianze. Che sono il principale ostacolo alla ripresa. Mentre per quanto riguarda lIva cè da dire che il problema vero non è tanto il livello dellaliquota massima, quanto piuttosto una revisione complessiva delle aliquote, individuando meglio i beni e servizi a cui ciascuna deve essere applicata. Senza conseguenze negative sulleconomia e soprattutto sulle condizioni di vita della maggioranza degli italiani.
Laltra questione cruciale è il lavoro. O meglio, la mancanza di lavoro. Con tutte le conseguenze economiche, sociali e morali che questa situazione determina. I termini della condizione fallimentare delloccupazione sono noti e non è qui il caso di tornarci sopra. Basterà semplicemente ricordare che lItalia riesce ad occupare meno del 55 per cento della popolazione in età di lavoro, mentre lEuropa supera il 65 per cento ed i paesi nordici il 70 per cento. Questo significa che da noi milioni di cittadini sono costretti a restare inattivi. Privi, non solo di reddito, ma di speranza, di identità, di appartenenza, di cittadinanza. Perché essere senza lavoro, anche quando non significa necessariamente morire di fame, significa sempre essere esclusi. Sappiamo per lunga esperienza che sulla condizione dei disoccupati si spendono molte parole di commiserazione, di omaggi rituali a cui purtroppo quasi sempre corrispondono rifiuti sostanziali nella determinazione delle politiche. Anzi, non di rado vengono messe in campo politiche assolutamente contraddittorie con le enunciazioni e gli auspici. Non si sa quanto consapevolmente o inconsapevolmente.
In conclusione, il fatto che Berlusconi sia finito in panchina (temporaneamente? Definitivamente?) della squadra di centro-destra può essere un elemento positivo per la partita che vuole giocare il governo. Ma se la redistribuzione del reddito e del lavoro dovesse continuare a rimanere estranea ai suoi schemi di gioco sarebbe alquanto arduo sostenere, senza provare vergogna, che per gli italiani sia davvero iniziato un cambiamento epocale.