Serve più competitività? Dipende

Se si ragiona sulle necessità immediate, cioè su ciò che serve a superare la crisi, l'opportunità o meno di perseguirla consegue dal tipo di politica economica che si sceglie. Il governo comunque non ne fa nessuna: un piccolo promemoria di decisioni insensate

L'ottimo saggio di Rey imposta una solida piattaforma logica sulla quale articola proposte di interventi post-crisi su cui ci riserviamo di fare qualche riflessione in successivo articolo. In questa nota vorremmo invece esaminare: a) se e quali sintomi di ripresa si stiano manifestando, in particolare per l'Italia; b) quale tipo di ripresa ci attende; c) come hanno reagito sinora e presumibilmente reagiranno in futuro alcuni dei principali protagonisti del gioco economico: i sindacati, gli imprenditori, le banche, le opposizioni, il governo. Lo citiamo per ultimo perchè il suo potere decisionale è apparentemente più forte.

 

Negli USA la stabilizzazione finanziaria ed economica  (pur fragile secondo Stiglitz) sembra realizzata. Due delle tre grandi potenze asiatiche sono in piena ripresa veloce, per l'India (7%); con il turbo, la Cina (12,3% nell'ultimo mese); la terza, il Giappone, sembra uscita da un grande sonno decennale.

 

Considerazioni analoghe, con cifre molto più modeste, valgono per l'Europa. La caduta si è arrestata, con l'Italia fanalino di coda (-5%). Per quanto concerne i dati dei prossimi trimestri, vorremmo porre in guardia i nostri lettori da un banale inganno statistico. Poichè le percentuali di raffronto si riferiscono al secondo semestre del 2008 e al primo del 2009, che segnavano dati negativi, non ci si deve meravigliare che esse siano positive. Si sta risalendo un burrone  e non scalando una cima. Così ad esempio se il Pil 2009 fosse riferito al 2007, e non al 2008 (che era già a -1%), il calo sarebbe del 6% e non del 5% come si è detto.

 

I "rimbalzi" che entusiasmano i corifei del potere vanno dunque valutati con molta attenzione. Le aziende in difficoltà sono molto numerose, anche se crack finanziari appaiono improbabili. Solo i dati del terzo e quarto trimestre consentiranno di esprimere un giudizio equilibrato.

 

Per quanto concerne il mondo occidentale, un terzo degli esperti interpellati propende per una moderata ripresa, con trend piatto per un paio d'anni, inferiore ai livelli pre-crisi. Simbolo: radice quadrata. Un altro terzo teme un su e giù. Simbolo: v doppia. Pochi sembrano prevedere, per l'Europa ed ancor meno per l'Italia, un rapido recupero del Pil del 2007.

 

Sul tipo di ripresa le opinioni sono pressochè unanimi: si tratterà di una jobless recovery, con strutture produttive, stili di vita, localizzazioni industriali, dislivelli reddituali profondamente mutati. Il "mondo di ieri" non tornerà; il "mondo di domani" è ancora parzialmente inconoscibile.

 

Nell'esaminare il comportamento di alcuni dei principali protagonisti del gioco economico, troviamo la conferma del fatto che questo paese reagisce alle avversità in modo di gran lunga migliore di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, in rapporto alla politica del governo in carica. Tutti i sindacati hanno avuto una condotta estremamente responsabile anche di fronte a palesi provocazioni politiche. Essi hanno sostanzialmente attutito le tensioni sociali. Non so quanto questo atteggiamento potrà continuare quando alla disoccupazione del settore privato si aggiungerà quella del settore pubblico, frutto di politiche cosiddette "efficientistiche", che in un mare di sprechi, dai televisori ultrapiatti ai libri con copertina in marmo pario - del costo di 300.000 euro cadauno - sembrerebbero comiche se non fossero tragiche.  

 

L'imprenditoria, anche quella medio-piccola, ha mostrato nervi saldi. Paradossalmente la struttura nepotistica e paternalistica di molte aziende - per altri versi un freno allo sviluppo - ha consentito di rallentare forse fino ai limiti del rischio le procedure di licenziamento. I nostri imprenditori hanno esplorato sempre nuovi mercati, cosicchè le esportazioni, pur falcidiate, hanno tenuto abbastanza. Le banche hanno complessivamente retto l'onda della crisi, forse proprio per quell'atteggiamento prudenziale che, come vedremo, qualcuno oggi critica. Le opposizioni, frammentate e in sofferenza organizzativa, hanno però indicato soluzioni alternative, alcune economicamente corrette anche se non dettagliate; ma il flatus vocis è stato sepolto dall'artato frastuono del gossip. Le proposte di legge relative giacciono nelle aule sorde e grigie del Parlamento. Le raffiche dei voti di fiducia le hanno uccise. 

 

In questa situazione, quali sono state le scelte operative e le dichiarazioni programmatiche del governo, che giustificherebbero l'ascesa in Campidoglio di cortei trionfali? E' innanzi tutto difficile distinguere le une dalle altre, perchè in questo regime mass-mediatico l'apparire prevale sull'essere. Esaminando le scelte attuali e prevedibili del governo, rilevarne le incongruenze è come sparare sulla Croce Rossa. 

 

Si detassano gli straordinari mentre gli orari di lavoro si riducono; si invitano i lavoratori a partecipare agli utili delle aziende in perdita; si trasforma un guadagno sulla cessione di Alitalia in una perdita secca per il risparmio italiano; si colpiscono le banche con le frecce dell'arciere della foresta di Sherwood nel momento della crisi, per poi rifinanziarle con 10 miliardi di euro al 7% di cui, ovviamente, solo un miliardo e mezzo è stato utilizzato; dopo aver constatato che all'origine della crisi mondiale vi era stata una rischiosa espansione di crediti non garantiti, il sagace ministro dell'Economia invita oggi le banche italiane a fare altrettanto, a spese non degli azionisti, i cui capitali sono una piccola percentuale del totale dei depositi, ma dei risparmiatori (mettendo così, ancora una volta, le mani nelle tasche degli italiani); si sostengono i lavoratori impiegando somme destinate ad altri obiettivi, rinviati a chissà quando; si fanno tagli alla sanità, alla scuola, alla ricerca, alla pubblica sicurezza, di fronte a pandemie, necessità di scolarizzazione di qualità, di innovazioni e di lotta alla criminalità. Ciliegine sulla torta sono costituite da un condono che favorisce, attraverso l'anonimato, il riciclaggio del denaro sporco e si prevedono agevolazioni per gli aumenti di produttività. Non ci si chiede se puntare sull'aumento della produttività in una situazione di stasi della domanda interna non possa significare puntare all'aumento della disoccupazione, perchè con meno lavoratori si ottiene la stessa quantità di prodotto.

 

Se vi fosse nel Paese un serio dibattito di politica economica - reso difficile dal fatto che il PD è in mezzo al guado e la maggioranza è immobilizzata da feroci contrasti appena imbellettati - occorrerebbe scegliere se dare la priorità alla domanda esterna (per la quale la competitività è decisiva) o a quella interna (per la quale sono importanti i livelli di occupazione ed i salari, che attualmente sono di circa il 26% inferiori alla media Ocse). Paradossalmente il governo si vanta anche implicitamente dell'aumento della pressione fiscale, rallegrandosi del fatto che il gettito è diminuito solo del 2,9% a fronte di un calo del 5% del Pil.

 

Senza interventi di politica industriale ben calibrata e se prosegue questa scelta di capitalismo caritatevole, in attesa che qualche Dio ignoto risolva i problemi per noi, la ripresa italiana sarà stentata. Il rischio di ricadute, successive al reintegro dei magazzini, in una perdurante o aumentata disoccupazione, rimane sempre presente.
Domenica, 27. Settembre 2009
 

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